Non ricordo quando nacque in me la passione per la chitarra, posso solo dire che ad un certo punto è diventata mia compagna e da allora mi è stata vicina.
In certi periodi siamo stati inseparabili, in altri non l'ho degnata quasi neanche di uno sguardo.
Non sono mai stato veramente bravo, sono mancino e ho imparato a suonarla come i "destri".
La mia mano destra un po' il ritmo se lo inventa e anch'io un po le canzoni me le invento.
Ho sempre desiderato imparare a suonarla bene, così come il pianoforte, ma sono ancora desideri non realizzati.
Ad un certo punto del militare sentii il bisogno di suonare la chitarra e così me la portai in caserma, la tenevo nell'armadietto insieme ad un "Canzoniere" (un libro, una raccolta di canzoni con accordi per chitarra).
Alcuni commilitoni manifestarono interesse per questa mia passione, tra questi c'era un ragazzo magro, non molto alto di statura e con gli occhi azzurri.
Mi chiese di poter provare la mia chitarra, gliela feci provare.
Faceva l'infermiere e quando cantava aveva una voce molto acuta.
Si chiamava Tony.
Non eravamo gli unici due ad avere la passione per la musica, c'era anche Tiziano, che suonava la batteria (aveva preso lezioni da Tullio de Piscopo), c'era Davide al quale piaceva cantare e Guido che se non ricordo male suonava la chitarra elettrica.
Fu così che, forse per l'ultimo dell'anno, ci venne chiesto di suonare, dovevamo fare un concerto nella sala dello spaccio.
Eravamo arrivati da poco al corpo, per questo come nome del gruppo scegliemmo "Gli Ever Green", "i sempre verdi", per prenderci un po' in giro per il fatto che eravamo ancora dei "giovani".
Il repertorio era un po' malinconico a dire il vero.
L'ultima canzone "Ogni volta" di Vasco Rossi, la cantò Tony.
Si era messo dietro, in un angolo, si era quasi un po' nascosto dietro la sua tastiera, forse era un po' spaventato, come me, del resto.
Con la sigaretta accesa, un po' chino sulla tastiera cominciò a cantare e arrivò a toccare note per me imprendibili.
Fu molto emozionante.
Dopo il militare ci siamo persi di vista, poi, tre anni fa, quando parecchi di noi hanno sentito il bisogno di rintracciarsi, ci siamo ritrovati.
In realtà non ci siamo visti di persona, ma a distanza, grazie a Facebook.
Scrisse sulla mia bacheca che la mia chitarra gli aveva portato fortuna, perchè ancora oggi suonava in pubblico per degli eventi.
Mi fece molto piacere sapere ciò.
Purtroppo Tony non è riuscito a partecipare ai pranzi del 10° Ska '93 che abbiamo fatto negli ultimi tre anni.
L'ultima volta che ci siamo sentiti è stato il 5 Ottobre, per il suo compleanno, la stessa data di nascita di Davide (l'altro cantante) e di mio figlio più piccolo, Federico che abbiamo avuto dopo aver perso Giulia che è volata in cielo il giorno in cui è nata.
Oggi abbiamo appreso che Tony se n'è andato, un infarto se l'è portato via a 44 anni.
Che tristezza, andarsene via ancora così giovane.
Non ho ancora capito che cos'è in realtà la vita.
A volte mi viene in mente una canzone di Bocelli che si intitola Romanza e che ad un certo punto dice:
ma la vita
ma la vita cos'è
tutto niente
forse neanche un perché
Ecco, questo è il mio stato d'animo ora, davanti alla tua scomparsa.
Mi viene da pensare che la vita sia come un libro con tante pagine bianche che sta a noi riempire nel modo migliore.
Voglio pensare alla tua vita Tony come ad un bel libro pieno di canzoni, proprio come un canzoniere, come quello che tenevo nell'armadietto insieme alla chitarra.
Mi auguro Tony di poter cantare ancora insieme a te, in un bel posto magari.
Spero che ci sia un "Volume 2" di questo "Canzoniere" che è la vita e che Qualcuno ci offra di cantarne, insieme, le sue canzoni
qualche volta ancora.
Abbracio te e i tuoi cari e chi ti ha voluto bene.
Arrivederci amico.
Ciao, Leo.
mercoledì 28 ottobre 2015
mercoledì 6 maggio 2015
Il silenzio e le lacrime
Non ricordo bene se fu proprio l'ultimo giorno o uno degli ultimi giorni.
Lo aspettavamo da tanto, lo aspettavamo tutti.
Era la meta alla quale dovevamo arrivare.
E alla meta ci arrivammo.
Avevamo perso forse qualcuno per strada, ma la maggior parte del gruppo che era partito ci arrivò.
Era sera, eravamo nel piazzale, vicino alla colonna dove si mettevano le corone commemorative.
Era il momento del silenzio che segnava la fine del nostro servizio militare.
Ricordo poco di quel momento:
Inquadrati e sull'attenti.
Le note del silenzio, lungo e lento, da godersi nota dopo nota, finalmente.
Poi il silenzio finì.
Cappelli alpini che volavano in alto verso il cielo.
Poi gli abbracci.
Ricordo uno e un solo abbraccio, lo ricordo perchè colui che mi abbracciava stava piangendo, le sue lacrime bagnavano la mia uniforme.
Lì per lì non ne rimasi molto contento, esagerato, stravagante come al solito, un po' come tutti i dodici mesi del militare.
Era sempre stato un po' così durante tutto quell'anno passato insieme.
Era giovane, si vedeva che a volte cercava di fare il grande, a volte esgerava.
Ti faceva un po' arrabbiare, ma a volte ti faceva tanta tenerezza.
Ti dispiaceva vedere che si era cacciato nei guai.
Quel suo modo di fare era il suo modo di reagire alle cose che un po' facevano paura a tutti, lui che era uno dei più piccoli di tutto il gruppo.
Fa niente, il tempo, come a volte dico, leviga, smussa gli spigoli, toglie le cose inutili e lascia la sostanza, quello che veramente conta.
Quello che voglio tenere di quella sera sono solo due cose: il silenzio e le sue lacrime.
Quando dopo vent'anni dalla fine del militare abbiamo cominciato a cercarci siamo riusciti a ritrovare un bel gruppo di persone.
Ma non tutti, ne mancano ancora un po' all'appello.
Lui era uno di questi, non eravamo ancora riusciti a trovarlo.
Questa mattina abbiamo avuto sue notizie.
Ieri sera, Alessandro Canu, ci ha lasciati, un incidente in moto se lo è portato via.
Oggi come ventun'anni fa, ma con un altro sapore, rimangono solo due parole che ti accompagneranno per questo tuo ultimo viaggio qui sulla terra: il silenzio e le lacrime.
Addio Alessandro, speravo di incontrarti di nuovo, qui, su questa terra, almeno per vedere com'eri diventato.
Spero d'incontrarti di nuovo lassù nei cieli.
Chi lo sa, ... se Dio lo vorrà.
Riposa in pace ora.
Una preghiera per Alessandro e per i suoi cari.
Lo aspettavamo da tanto, lo aspettavamo tutti.
Era la meta alla quale dovevamo arrivare.
E alla meta ci arrivammo.
Avevamo perso forse qualcuno per strada, ma la maggior parte del gruppo che era partito ci arrivò.
Era sera, eravamo nel piazzale, vicino alla colonna dove si mettevano le corone commemorative.
Era il momento del silenzio che segnava la fine del nostro servizio militare.
Ricordo poco di quel momento:
Inquadrati e sull'attenti.
Le note del silenzio, lungo e lento, da godersi nota dopo nota, finalmente.
Poi il silenzio finì.
Cappelli alpini che volavano in alto verso il cielo.
Poi gli abbracci.
Ricordo uno e un solo abbraccio, lo ricordo perchè colui che mi abbracciava stava piangendo, le sue lacrime bagnavano la mia uniforme.
Lì per lì non ne rimasi molto contento, esagerato, stravagante come al solito, un po' come tutti i dodici mesi del militare.
Era sempre stato un po' così durante tutto quell'anno passato insieme.
Era giovane, si vedeva che a volte cercava di fare il grande, a volte esgerava.
Ti faceva un po' arrabbiare, ma a volte ti faceva tanta tenerezza.
Ti dispiaceva vedere che si era cacciato nei guai.
Quel suo modo di fare era il suo modo di reagire alle cose che un po' facevano paura a tutti, lui che era uno dei più piccoli di tutto il gruppo.
Fa niente, il tempo, come a volte dico, leviga, smussa gli spigoli, toglie le cose inutili e lascia la sostanza, quello che veramente conta.
Quello che voglio tenere di quella sera sono solo due cose: il silenzio e le sue lacrime.
Quando dopo vent'anni dalla fine del militare abbiamo cominciato a cercarci siamo riusciti a ritrovare un bel gruppo di persone.
Ma non tutti, ne mancano ancora un po' all'appello.
Lui era uno di questi, non eravamo ancora riusciti a trovarlo.
Questa mattina abbiamo avuto sue notizie.
Ieri sera, Alessandro Canu, ci ha lasciati, un incidente in moto se lo è portato via.
Oggi come ventun'anni fa, ma con un altro sapore, rimangono solo due parole che ti accompagneranno per questo tuo ultimo viaggio qui sulla terra: il silenzio e le lacrime.
Addio Alessandro, speravo di incontrarti di nuovo, qui, su questa terra, almeno per vedere com'eri diventato.
Spero d'incontrarti di nuovo lassù nei cieli.
Chi lo sa, ... se Dio lo vorrà.
Riposa in pace ora.
Una preghiera per Alessandro e per i suoi cari.
sabato 18 aprile 2015
Scemo di "Guerra"
Una delle esperienze che più mi sono rimaste del militare è quella del campo marciante in Trentino.
Ho molti ricordi di questo campo, che vanno dalla fatica, alla gioia, all'amarezza, alla nostalgia di casa ecc.
Parto con questo piccolo aneddoto che mi fa sempre sorridere quando mi viene in mente.
La mia intenzione è quella di scrivere sul blog più flash back del campo.
I flash sono lampi di luce improvvisi, durano un'istante, proprio come i frammenti degli episodi vissuti che ogni tanto arrivano come immagini e sensazioni alla memoria.
Proprio perchè sono improvvisi, non sono controllati e quindi non seguono un ordine preciso.
Racocnterò di Stenico e del suo castello in un prossimo post, perchè conservo un bel ricordo di quei due giorni.
Quella sera eravamo a Stenico, era verso il tramonto e stavamo per lasciare la scuola abbandonata dove avevamo passato il sabato e la domenica alla volta di Poia.
Poia, da come me la ricordo era una frazione di non so quale paese, forse di Stenico stesso, o forse no.
Non era distante, dovevamo solo scendere un po' più a valle e poi risalire verso la nostra meta, la sezione Anas di Poia.
Il ciclismo non è la mia passione, ma quando alla televisione sento parlare della Liegi - Baston - Liegi, so che è arrivato il caldo che stiamo andando verso la bella stagione.
Perciò, il ciclismo, anche se non lo segue, mi piace.
Nel gergo clistico, se non erro, ci sono le tappe di trasferimento, ed è proprio così che la definirei la tappa da Stenico a Poia, una tappa di trasferimento.
A dire il vero era febbraio e quindi la bella stagione era ancora un po' lontana.
Giunti alle sede degli alpini, come tutte le altre volte, ci preparammo per la notte.
Solito materassino, solita pompetta, una bella gonfiata e poi pronti per la notte.
Disponevamo i materassini uno accanto all'altro parallelamente lasciando circa un metro l'uno dall'altro.
Buona notte a tutti e fu buio, sonno, stanchezza, riposo per preparsi ad un nuovo giorno.
Proprio come nella vita quaotidiana, solo che qui c'era un pizzico in più d'avventura.
Mattino seguente.
Ricordo benissimo di aver dormito sul fianco sinistro, o per lo meno mi sono svegliato girato sul fianco sinistro.
Apro gli occhi, il commilitone di fianco a me apre gli occhi nello stesso momento.
Ci guardiamo negli occhi qualche istante, poi ci mettiamo a ridere.
Ed io: << Caxxo ti ridi, scemo di "Guerra" >>.
Eh giù a ridere come dei matti.
Si trattava dell'artigliere "Guerra" Enrico.
Da dopo il militare non l'ho più rivisto.
Prossima missione, ritrovare Guerra Enrico.
Ho molti ricordi di questo campo, che vanno dalla fatica, alla gioia, all'amarezza, alla nostalgia di casa ecc.
Parto con questo piccolo aneddoto che mi fa sempre sorridere quando mi viene in mente.
La mia intenzione è quella di scrivere sul blog più flash back del campo.
I flash sono lampi di luce improvvisi, durano un'istante, proprio come i frammenti degli episodi vissuti che ogni tanto arrivano come immagini e sensazioni alla memoria.
Proprio perchè sono improvvisi, non sono controllati e quindi non seguono un ordine preciso.
Racocnterò di Stenico e del suo castello in un prossimo post, perchè conservo un bel ricordo di quei due giorni.
Quella sera eravamo a Stenico, era verso il tramonto e stavamo per lasciare la scuola abbandonata dove avevamo passato il sabato e la domenica alla volta di Poia.
Poia, da come me la ricordo era una frazione di non so quale paese, forse di Stenico stesso, o forse no.
Non era distante, dovevamo solo scendere un po' più a valle e poi risalire verso la nostra meta, la sezione Anas di Poia.
Il ciclismo non è la mia passione, ma quando alla televisione sento parlare della Liegi - Baston - Liegi, so che è arrivato il caldo che stiamo andando verso la bella stagione.
Perciò, il ciclismo, anche se non lo segue, mi piace.
Nel gergo clistico, se non erro, ci sono le tappe di trasferimento, ed è proprio così che la definirei la tappa da Stenico a Poia, una tappa di trasferimento.
A dire il vero era febbraio e quindi la bella stagione era ancora un po' lontana.
Giunti alle sede degli alpini, come tutte le altre volte, ci preparammo per la notte.
Solito materassino, solita pompetta, una bella gonfiata e poi pronti per la notte.
Disponevamo i materassini uno accanto all'altro parallelamente lasciando circa un metro l'uno dall'altro.
Buona notte a tutti e fu buio, sonno, stanchezza, riposo per preparsi ad un nuovo giorno.
Proprio come nella vita quaotidiana, solo che qui c'era un pizzico in più d'avventura.
Mattino seguente.
Ricordo benissimo di aver dormito sul fianco sinistro, o per lo meno mi sono svegliato girato sul fianco sinistro.
Apro gli occhi, il commilitone di fianco a me apre gli occhi nello stesso momento.
Ci guardiamo negli occhi qualche istante, poi ci mettiamo a ridere.
Ed io: << Caxxo ti ridi, scemo di "Guerra" >>.
Eh giù a ridere come dei matti.
Si trattava dell'artigliere "Guerra" Enrico.
Da dopo il militare non l'ho più rivisto.
Prossima missione, ritrovare Guerra Enrico.
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